Ismaele e Isacco: entrambi portati nel punto del non ritorno, ossia quell’istante in cui tuo padre trova il coraggio di negarti la vita che ti ha dato. Figli desiderati, intensamente voluti e amati, ma sia l’uno che l’altro fanno esperienza del più inaccettabile distacco. Il primo, Ismaele, mandato via nel deserto; il secondo, Isacco, condotto in sacrificio sul monte Moria. Da millenni sappiamo come sono andate le cose, sappiamo degli interventi divini, del pericolo scampato, ma sempre dal punto di vista dei genitori – Abramo, Sara, Agar. Che cosa abbia attraversato, davvero, l’anima dei due fratelli, come abbiano poi potuto convivere con il ricordo del gesto del padre, questo nessuno ce lo ha raccontato. Proviamo a leggere tra le righe, a entrare nell’anima di due fratelli distanti e così diversi, eppure incredibilmente accomunati dalla ripetizione di un gesto, il più terribile.
IL CICLO: LA BIBBIA CHE NON TI ASPETTI. Due sono le grandi tradizioni da cui ha avuto origine la nostra civiltà, e dalle quali non si può prescindere se vogliamo che la luce dell’Europa – ossia l’umanesimo – continui a brillare: una è la tradizione greco-latina, l’altra è quella giudaico-cristiana. La prima ha il suo fondamento nei Classici (a partire da Omero), la seconda nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento. Senza la conoscenza, sia pure superficiale, di queste due realtà, tutta la cultura che abbiamo ereditato dal passato risulterebbe poco a poco illeggibile. Soprattutto la Bibbia corre oggi molti rischi. Vuoi perché l’incidenza della religione sulla società si è molto indebolita, vuoi perché soprattutto nel sud Europa cattolico la lettura quotidiana della Bibbia non è mai stata un’abitudine, sta di fatto che non solo Dante o Petrarca, ma anche autori a noi vicini — James Joyce, Thomas Mann, Graham Greene, Samuel Beckett, perfino Proust — rischiano di farsi più oscuri, la loro comprensione più approssimativa. È necessario tornare a leggere la Bibbia, affrontare i suoi enigmi, immedesimarsi con il suo crudo realismo, con il suo paesaggio arido e immenso, con i suoi protagonisti spesso rudi, ma tutti alle prese con le domande fondamentali dell’esistenza umana. Perciò abbiamo sfidato alcuni scrittori a immedesimarsi con il testo biblico e con la sua profondità, senza facili eccessi d’interpretazione. Dopo Giacomo Poretti, Sandro Veronesi, Andrea Tarabbia e Silvano Petrosino, Paolo Cognetti, Marco Balzano, Gianmario Villalta, Nicola Lagioia e Luca Doninelli, quest’anno vogliamo sfidare quattro autrici da diversi campi della cultura: il teatro, il giornalismo, il romanzo e la poesia. – L. Doninelli
LOCANDINA
di Carmen Pellegrino coordinamento registico Gianmarco Bizzarri scenografia a cura degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera Wang Anqi, Sara Castelli, Valentina Chiesa, Matilde Folli, Rachele Munerotto, Zhang Xinyuecoordinati da Edoardo Sanchi da un’idea di Luca Doninelli produzione Teatro de Gli Incamminati
BIO
CARMEN PELLEGRINO, scrittrice e storica, ha raccontato alcuni nodi salienti della contemporaneità, dai movimenti collettivi di dissidenza (come in ’68 napoletano. Lotte studentesche e conflitti sociali tra conservatorismo e utopie, 2008), al più recente recupero del vissuto storico dei luoghi disabitati. Coautrice di varie opere collettanee (tra le quali Qui si chiama fatica, 2010; Non è un paese per donne, 2011; Novantadue, 2012), con il primo romanzo Cade la terra (2015) ha vinto il premio Rapallo Carige opera prima e il premio Selezione Campiello. Con il secondo romanzo Se mi tornassi questa sera accanto (2017) ha vinto il premio Dessì. Presso La nave di Teseo ha pubblicato nel 2021 La felicità degli altri, premio Selezione Campiello e premio Letterario Internazionale Latisana. Nel 2023 le è stato assegnato l’English Pen Translates Award.
INFO E PREZZI
15,00 € / INTERO 8,00 € / UNIVERSITÀ, SCUOLE DI TEATRO, DESIDERA CARD (acquistabile solo in cassa)
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